Mangiare e bere
A 'ndà sé bèca, a sta sé sèca |
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Ad andare si becca, a restare si secca | Se vai e ti dai da fare, ottieni qualcosa, se te ne stai fermo ad aspettare, non ottieni nulla |
Chél che và semper dal dutór, l'è mai sensa dulór |
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Chi va sempre dal dottore, non è mai senza dolori | Era un invito a non ascoltare i mali perché altrimenti bisognava andare tutti i giorni dal medico, perché, specialmente ad una certa età, ogni giorno si avvertiva un nuovo malanno, un nuovo dolore |
Chi che béi prima de la minestra, i védi 'l dutòr da la finestra |
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Chi beve prima della minestra, vede il medico dalla finestra | Anche le moderne ricerche confermano che bere acqua prima dei pasti aiuta a stare in forma e quindi il medico si può vedere passare, senza bisogno di incontrarlo |
Chi màia li candéle i càga fò i stupì |
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Chi mangia la cera delle candele, caga lo stoppino | Vuol dire che chi sta facendo qualcosa di scorretto o che non si dovrebbe fare, inevitabilmente lascerà qualche traccia del suo operato che rivelerà ciò che tentava di nascondere |
Chi nu bèca, l'ha già becà |
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Chi non mangia ha già mangiato | Era riferito soprattutto alle donne che stavano in casa e che a volte partecipavano al pranzo in maniera discontinua per servire gli altri commensali: se non ha fame adesso, vuol dire che ha già mangiato prima, in cucina |
Chìi che gà 'l pà gà mìga i déncc e chìi che gà i déncc gà mìga 'l pà |
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Quelli che hanno il pane non hanno i denti e quelli che hanno i denti non hanno il pane | Non si può avere tutto. Commenta il fatto che certi beni tocchino a chi non sa o non può servirsene, come ad esempio chi ha ricchezza nella vecchiaia ma non può approfittarne se gli manca la salute |
Cüntà la ràa e la fàa |
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Raccontare nei minimi particolari | Era un detto riferito specialmente alle donne che quando erano alla fontana o si incontravano cominciavano a raccontare le novità con dovizia di particolari |
De pàia u de fé, 'l stómech 'l gà de èser pié |
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Di paglia o di fieno, lo stomaco deve essere pieno | Si riferisce sia agli animali che alle persone ed indica che in un modo o nell'altro bisogna riempirsi lo stomaco. La “pàia indica cibo più scadente, meno raffinato, mentre il “fé indica il cibo migliore, l'importante è che lo stomaco sia pieno |
El gà 'na fàm lecàrda |
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Ha fame solo di cose buone | Quando una persona a tavola non trovava cibo di suo gradimento o si limitava a piluccare qualche boccone o ricercava solo prelibatezze veniva definito uno con una fame “lecarda” cioè raffinata, un po' snob |
El gà i öcc pü gràncc de la bóca |
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Ha gli occhi più grandi della bocca | Detto rivolto a chi prende tanto cibo da non riuscire a mangiarlo tutto; in tempi di magra era comprensibile il desiderio di poter avere cibo a sufficienza, ma onde evitare sprechi era indispensabile saper commisurare fame e rispetto per il cibo che non doveva in alcun modo essere sprecato |
El ghè sbàti la traìs |
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Sente i morsi della fame | La traìs è la mangiatoia e l'idea è quella che suoni di vuoto per cui significa che non c'è più da mangiare e quindi si è affamati |
El làt sé 'l fa 'n de li pardé |
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Il latte comincia a farsi nella mangiatoia | Per ottenere tanto latte dalle mucche è necessaria una buona alimentazione, con fieno ben secco, di buona qualità e nelle giuste dosi. La pardé è la mangiatoia dove viene messo il fieno. In generale significa che il risultato finale molto spesso dipende da come si è agito in precedenza |
El pà di àltri 'l gà sèt gróste e po' a 'n grustì |
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Il pane degli altri ha sette croste e anche un crostino | È simile al verso di Dante nel canto XVII del Paradiso: ” Come sa di sale lo pane altrui”; nel nostro caso la sofferenza e la durezza di guadagnare il pane al servizio di altri è indicata dalla durezza della crosta che ha addirittura sette strati ed in aggiunta, anche una crosticina sopra tutti |
Fà pànsa e gaiòfa |
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Mangiare e portare a casa un po' di cibo | Il cibo è stato fino a cinquant'anni fa uno dei bisogni primari non sempre soddisfatti, per cui quando capitava l'occasione di avere a disposizione molto cibo, come ai matrimoni, si usava mangiare tutto il possibile (pànsa) e portare a casa (gaiòfa) quello che non si era riusciti a mangiare |
Ho mài maià 'ndel tö piàt |
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Non ho mai mangiato nel tuo piatto | Quando una persona si prendeva troppa confidenza e il suo interlocutore voleva metterla in riga la apostrofava con queste parole a rimarcare che tra i due non c'era l'abitudine di mangiare nello stesso recipiente, riservata solo alle persone più intime, con le quali si poteva condividere anche il piatto |
I siòri de bré i màia pà e fé |
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I signori di Breno, mangiano paglia e fieno | Modo elegante per dare degli asini anche ai signori che abitano a Breno, considerata un tempo il capoluogo della Valle Camonica |
El màl 'l vé a quintài e 'l và èa a gràm |
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Il male viene a quintali e va via a grammi | Tutti abbiamo sperimentato come sia facile e repentino ammalarsi o farsi male, ma come sia invece lento guarire e riprendere a vivere normalmente dopo una malattia o un incidente |
L'è 'npusìbil béi e fischià |
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E' impossibile bere e fischiare | Quando si grattugiava il formaggio, o quando si versava il vino si era scherzosamente invitati a fischiare per dimostrare che non si stava mangiando o bevendo di nascosto |
L'è méi 'l vì tórbid dè l'àqua ciàra |
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E' meglio un vino torbido che l'acqua trasparente | Non avendo noi viti per produrre uva, non potevamo neanche vinificare per cui il vino che arrivava nelle osterie non era certo dei migliori, ma a detta di chi lo consumava 'ad abundantiam' (ubriaconi), era meglio il vino torbido dell'acqua trasparente e limpida delle nostre montagne |
L'è méi 'n tòch de pà sórt a cà sua che cul cumpanàdech a cà di àltri |
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È meglio un pezzo di pane da solo a casa propria, che col companatico a casa degli altri | Equivale al detto “come sa di sale il pane altrui”; il lavoro alle dipendenze di qualcuno era visto come un impegno assai gravoso, per cui era meglio mangiare solo pane a casa propria che col companatico a casa degli altri |
L'è sémper minèstra scaldàda |
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E' sempre minestra riscaldata | Spesso le nonne preparavano una grande pentola di minestra che veniva poi consumata riscaldandola; indica qualcosa di già detto, di già fatto, che non è più una novità |
La farina del diàul la va tüta 'n crüsca |
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La farina del diavolo finisce tutta in crusca | Il riferimento è a chi lavora o fa delle attività ricorrendo a mezzi non leciti, a imbrogli pur di riuscire (farìna del diàul). A lungo andare tutto quello che ha costruito andrà in malora (crüsca) perché ottenuto in modo scorretto |
La minèstra scaldàda l'è sübit fredàda |
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La minestra scaldata si raffredda subito | La minestra riscaldata, non avendo l'alta temperatura della minestra appena bollita, tendeva a raffreddarsi più velocemente; è un chiaro riferimento a una storia d'amore finita, si può provare a riprenderla, ma inevitabilmente, non avrà grandi sbocchi anche perché la passione sarà meno intensa della prima volta |
La minèstra scaldàda la sa de füm |
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La minestra riscaldata sa di fumo | Quando una storia d'amore è finita, si può provare a riprenderla, ma inevitabilmente saprà di vecchio, di stantio, non avrà grandi sbocchi |
La süpa sensa furmài l'è cume la caròsa sensa caài |
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La zuppa senza formaggio è come la carrozza senza cavalli | La zuppa è di per sé un piatto misero, se poi manca anche il formaggio non sa proprio di niente |
Maià cul cò 'n del sàch |
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Mangiare con la testa nel sacco | E' detto di chi vive senza preoccuparsi di lavorare perché c'è qualcuno che pensa per lui e che gli fornisce il sostentamento; è segno di poca responsabilità, di persona non matura |
Maià fò la pàia del bàst |
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Mangiare la paglia del basto | Compiere un'azione dannosa per sé. Il mulo che per sfamarsi mangia la paglia del basto, poi avrà la schiena rovinata dal legno senza imbottitura di paglia. |
Màngia al càlt e dòrmi al frèt |
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Mangia al caldo e dormi al fresco | Era uno dei consigli per vivere sani e più a lungo: il cibo doveva essere consumato al caldo per digerire bene, mentre il riposo doveva avvenire in una stanza poco calda. |
Mangià pà e spüda |
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Mangiare pane e sputa | Equivale a mangiare pane senza companatico, perché il pane poteva mescolarsi solo con la saliva di chi lo masticava |
Mangià pà sórt |
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Mangiare pane senza companatico | Era chiaro indice di povertà perché se non c'era la possibilità di avere il companatico voleva dire che si era al limite della sopravvivenza |
Ndà a tö la sàl e purtà a cà 'l péer |
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Andare a prendere il sale e portare a casa il pepe | Non sempre la meta indicata viene poi raggiunta; strada facendo le circostanze possono modificare le nostre aspettative e volenti o nolenti portarci ad altri risultati anche molto lontani da quelli proposti in partenza |
Per scampà tànt sgà de purtà 'l capél, i süpéi e éghi poch servél |
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Per campare a lungo è necessario portare il cappello, avere gli zoccoli ai piedi e avere poco cervello | Era una filosofia di vita: bisognava tenere la testa coperta dal cappello per proteggersi dal sole e dal freddo, avere gli zoccoli ai piedi e soprattutto non pensare troppo al domani per non essere oppresso dai pensieri |
Quànt chè sgà fàm la pulénta la pàr già salàm |
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Quando uno ha fame, la polenta sembra già con companatico | La fame fa sembrare più buono e gustoso qualsiasi cibo; anche una semplice fetta di polenta sembra già una leccornia, come se fosse servita con carne o salame |
Spüdà 'n del piàt 'ndu chè te mànget |
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Sputare nel piatto in cui mangi | La riconoscenza non doveva essere una costante neanche al tempo dei nonni. Sputare nel piatto in cui si mangia indicava una persona che pur ottenendo profitto da una situazione (piatto in cui mangi), ne parla male (sputare) |
Tücc i sàlmi i finìs en glòria, tüte li fèste in paciatòria |
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Tutti i salmi finiscono in gloria, tutte le feste in una mangiata | Le funzioni religiose erano un tempo molto seguite e partecipate e tutti conoscevano i salmi che terminavano sempre con la glorificazione di Dio, per cui questo detto è riferito a una cosa che si sa già come andrà a finire, come ad esempio tutte le feste che finiscono con una mangiata generale |
U mangià de ste minestra u saltà de la finestra |
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O mangiare questa minestra o saltare dalla finestra | Si usa per convincere qualcuno a fare una determinata cosa facendogli capire che non ha alternative, che vi è costretto, o che rifiutando una cosa non ne avrà in cambio un'altra. L'origine, familiare e scherzosa, fa riferimento al pasto. Saltare qui sta per digiunare, e la finestra compare per questioni di rima. |
U stà màl 'l galèt, u stà màl 'l puarèt |
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O sta male il galletto o sta male il poveretto | La carne nella cucina dei vecchi era rara, per cui se si cucinava un pollo voleva dire o che il pollo stava per morire e bisognava mangiarlo, o stava male qualcuno e bisognava dargli un po' di brodo di pollo |