Manutenzione delle strade

 

Testimonianza di Pietroboni Luigi, stradino nel comune di Monno negli anni 60 - 70 raccolta da Faiferri Alfredo il 23 maggio 2015.

Quando ero io stradino, e parliamo degli anni 60, quando nevicava, andavo con la carriola e col badile a spargere un po' di terra per la manutenzione delle strade altrimenti usavamo i muli con lo spartineve; se la neve era poca usavamo due muli per tirare lo slittone, se invece era tanta dovevamo impiegarne tre e con questi andavamo fino alla strada statale. Di solito ero solo io con i conducenti del mulo, non c'era nessuno ad aiutarci. Tutti comunque spalavano davanti alle loro porte, questo almeno da quando ho cominciato io, prima forse era anche peggio. Si andava anche poco a spalare la neve perché poi si usava il carro con la slitta con i muli per trasportare il concime, il fieno e così la neve veniva calpestata, compressa, e si poteva passare sopra. Tra andare e tornare da qui alla statale impiegavamo circa due ore perché a volte era dura anche risalire perché, se nevicava ancora, facevamo fatica anche a far tirare lo spazzaneve perché era comunque pesante; lo spartineve era largo come la strada, era di legno, aveva due ferri sotto per scivolare meglio e due le orecchie che si potevano allargare e richiudere in base alla larghezza della strada. Uscivamo con lo spartineve solo quando c'erano almeno 20 o 30 cm di neve altrimenti veniva schiacciata e calpestata, tanto macchine non ce n'erano; per scendere verso la statale a volte aspettava anche quando c'erano almeno 40 o 50 cm di neve, perché a scendere si faceva meno fatica, però a risalire, se per caso nevicava ancora, si faceva molta fatica e quindi era meglio scendere quando c'era meno neve. In inverno sulle strade c'era poco movimento, si andava al mercato una volta la settimana, ma sulla strada statale non si poteva andare con la slitta e quindi bisognava utilizzare il carro. Questo almeno nel periodo in cui ero stradino io, prima era anche peggio; in inverno, quando una persona malata doveva essere ricoverata veniva portata a spalle con la portantina fino alla strada statale e qui si chiamava o il Lorati di Ponte di Legno, o uno di Edolo per portare l'ammalato all'ospedale, ma di solito si teneva a casa e passava il dottore. Se nevicava a dicembre, la neve restava fino a marzo o aprile anche perché veniva calpestata e si formava del ghiaccio su cui buttavamo della terra, ma non si usava il sale e quindi il ghiaccio restava a lungo, quando cominciava a sciogliersi un po', buttavamo dell'acqua per accelerare lo scioglimento. Durante l'inverno per le strade del paese giravano quasi tutti i carri con le slitte e il legname veniva trascinato a strascico, ma non rimanevamo molto a lungo nel paese perché quasi tutti avevano delle cascine sui vari monti e le mucche venivano tenute in queste cascine dov'era conservato anche il fieno. Noi rimanevamo in Mortirolo fin dopo Natale, poi ci spostavamo nelle cascine di Savena dove rimanevamo fino a primavera; in paese venivamo solo la domenica per la messa, il resto del tempo lo trascorrevamo sempre nelle cascine che erano sistemate alcune volte meglio che le case; per quanto riguarda l'acqua avevamo dei ruscelli che scorrevano anche in inverno e se erano ghiacciati, si rompeva il ghiaccio e si prendeva l'acqua che scorreva sotto. Il fieno veniva accatastato nelle varie baite e a casa si portava soltanto quello che serviva al mulo, così come il concime che veniva sparso nei prati del Mortirolo che venivano tutti tagliati, perché le mucche andavano al pascolo in Dorena o su alla malga; davamo qualche soldo ai proprietari della malga e così le facevamo pascolare per un certo periodo. I prati delle zone dove andavamo al pascolo venivano tutti tagliati e il fieno portato nelle baite, lasciavamo solo qualche carro di fieno per la primavera successiva o se per caso il tempo era troppo brutto o scendeva la neve. Al pascolo in Mortirolo tornavamo solo verso maggio.
Le strade erano in terra battuta, solo quelle del paese e quelle per andare in Mortirolo e a Savena avevano dei lunghi tratti lastricati; il mese di maggio si andava a fare le giornate: ogni famiglia aveva un certo numero di giornate da dedicare alle strade e si decideva insieme quando andare e quanto tempo dedicare alle varie strade. Venivano appesi dei biglietti dove era indicato il luogo e il tempo per andare alle strade.
Per quanto riguarda la strada che porta alla statale, è diventata provinciale quando ero stradino io ed allora l'hanno asfaltata, ma prima aveva solo dei pezzi con la massicciata, il resto era in terra battuta.
La manutenzione consisteva soprattutto nel fare le cunette perché l'acqua potesse defluire, tappare i buchi, che inevitabilmente si formavano dopo le piogge, con del calcare, tagliare l'erba dai bordi della strada e mantenere in buono stato quelle poche protezioni che c'erano lateralmente alla strada.

Questa la manutenzione nei ricordi di Luigi, una vita da stradino in quel di Monno, ma per gli obblighi della manutenzione esistevano veri e propri regolamenti che l'appaltatore del tronco di strada firmava con il contratto e che gli imponevano una cura continua ed attenta del tratto di strada a lui affidato. Ecco ad esempio gli impegni che doveva assumersi l'appaltatore per la manutenzione del nuovo tratto di strada dall'inizio della contropendenza di Sonico portava alla Sega di Mù:

Descrizione delle opere di manutenzione della pred.a R.a Strada lunga Metri 2184

Il dovere dell'annua manutenzione impone all'appaltatore l'obbligo di conservare tutta la strada da ciglio a ciglio e da muro a muro nonché tutte le altre parti accessorie cioè bordi, scarpe ed altro nello stato della originaria loro costruzione e del definitivo loro collaudo.
Dovrà l'appaltatore ogni qualvolta il bisogno lo richiegga riparare ogni opera stradale conservando la superficie della Strada tutta unita, colma, liscia, senza carregge e senza fango; e sgombra da qualunque materia estranea gettata dagli Agricoltori o dai passaggeri, rompere i ghiacci ricostruire qualunque parte che si sconnetesse o che mostrasse segno di depressione, espurgare continuamente i fossi colatori e le cunette ed i tombini e tombe, sgombrare in tempo invernale gli ammassi di neve che impedissero o dificoltassero il transito, tenere ristaurati e riboccati tutti li muri in calcina compresi quelli delle tombe e tombini ricostruendoli in tutto od in parte ogni qualvolta per qualunque siasi causa avessero a distruggersi o guastarsi e finalmente conservare in istato integrale ogni parte principale od accessoria e annessa e connessa alla Strada.
Questi obblighi poi affinché siano più esattamente adempiuti dovrà l'Appaltatore durante il corso del novennio mantenere giornalmente sulla linea della Strada uno Stradajuolo come è prescritto all'art. 13 del Capitolato, il quale avrà l'obbligo di prestarsi prontamente ad ogni ordine che gli venisse dato dall'Ing.re Direttore o da suoi subalterni.
Sarà inoltre obbligato l'Appaltatore a spargere annualmente sulla carriera Stradale MC.328 di ghiaia graticciata tolta esclusivamente dal Fiume Oglio. Questa sarà sgombra di sabbia e di grossi sassi e i ciottoli che la comporranno non potranno oltrepassare la grossezza di cent.i 2 e 1/2.
La detta ghiaia verrà preparata tutta sulla Strada nel mese di settembre di ciascun anno disponendola sui lati della medesima senza impedimento del pubblico transito in mucchi regolari possibilmente eguali e distanti fra loro Metri 10 da centro a centro per essere sparsa la maggior quantità nel mese di novembre e la rimanente nel successivo aprile dietro ordine dell'Ing.re Direttore e sempre previa ricognizione e misura del medesimo e previo un diligente sfango di tutto il campo Stradale.
Bergamo 6 Febbraio 1830
Firma indecifrabile  (A.S. Bg. D.P. b.1052)

Non sempre però le cose andavano nel verso giusto; vuoi per cause ed impedimenti imprevisti, vuoi perché qualcuno tentava di sottrarsi agli obblighi assunti, spesso sorgevano dei contenziosi tra l'autorità che gestiva la strada e l'appaltatore ed era necessario trovare una mediazione che vedeva il potere dell'autorità governativa quasi sempre vincente. In questo documento veniamo a sapere che l'appaltatore Biotta è morto ed i suoi eredi non sono stati solleciti nella preparazione della ghiaia per la strada.

 

 

N° 3382/1183 All'I.R. Delegato Prov.le di Bergamo
Bergamo li 20 Novembre 1837
Nella visita praticata dall'Ing.re di Riparto verso la metà del corrente Mese al tronco di R. Strada da Valle Camonica da Edolo al Tonale venne rilevato che gli Eredi dell'Appaltatore Biotta, ad onta delle diffidazioni fatteli in seguito al rapporto di quest'Ufficio 16 7bre p.p. N ° 2776/977 non hanno ancora predisposta in mucchi regolari e crivellata la ghiaia di manutenzione per la corrente annata trovandosi essa tuttavia per la maggior parte non crivellata ed in saltuarie cataste irregolari presso le cave da cui venne estratta. D'altronde la stagione attuale non è più opportuna né per la crivellatura né per il trasporto a motivo del gelo che domina in quella alpestre località.
In conseguenza di che lo scrivente Ufficio deve proporre che sia nuovamente diffidato l'Appaltatore perché all'aprirsi della primavera debba avere preparata ben distribuita in regolari cavallette lungo la Strada tutta la ghiaia della quantità e della crivellatura preferitta, colla comunicatoria dell'ex Ufficio senz'altro in caso di ulteriore ritardo, ritenuto che starà a suo carico la spesa pella nuova misura da effettuarvi.
L'Ing.re Capo Prov.le
G. Buzzi    (A.S. Bg. D.P. b.1052)

Con l'annessione della Lombardia allo Stato Sabaudo prima ed  al Regno d'Italia poi, prese piede anche sulle nostre strade la figura del Cantoniere, cioè di una persona che si occupava a tempo pieno del pezzo di strada a lui assegnato e che, per renderlo più radicato sul territorio, riceveva una casa dove vivere con la famiglia ed avere a disposizione gli strumenti necessari per svolgere il suo lavoro: la casa cantoniera.

La figura del cantoniere


“Una strada senza Cantonieri è
come un ospedale senza medici”
(Ing. Giovanni Antonio Carbonazzi, Vicepresidente onorario del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici dal 1859 al 1865)

La parola cantoniere ha origine incerte. Il vocabolario lo definisce come “colui
che è addetto alla sorveglianza e manutenzione delle strade ferrate o delle strade ordinarie” e va distinto il “cantoniere ferroviario” dal “cantoniere stradale”.
La figura del cantoniere ebbe un ruolo importante nell’Ottocento, soprattutto in tempo di guerra, poiché egli si occupava delle condizioni delle strade che potevano determinare una vittoria o una sconfitta, se non addirittura la sopravvivenza stessa degli abitanti dei villaggi da esse collegati; prima dell'introduzione di questo Corpo erano addirittura i soldati a doversi occupare della pulizia e della manutenzione stradale.
Nell’aprile del 1830 il Re di Sardegna Carlo Felice istituì il Corpo dei
Cantonieri, che avevano il compito di manutenere e controllare il proprio
“cantone”, cioè un tratto di strada affidatoli dall’ingegnere Capo, il quale
decideva sia la sua lunghezza, circa 4-5 chilometri, sia l’ubicazione.
Con il Regio Decreto n. 1189 del 28/05/1922 furono stabiliti i doveri e le
mansioni fondamentali del Corpo dei Cantonieri delle strade nazionali, che
divenne essenziale per l’amministrazione del Genio Civile. Inoltre questo R.D.
illustrava chi avrebbe potuto far parte di questa istituzione: era necessario
essere cittadino italiano di età inferiore ai trentacinque anni, con sani principi,
buona prestanza fisica e intellettiva. Il cantoniere per svolgere il proprio ruolo
di operaio stradale era dotato di specifici strumenti, di cui era il diretto
responsabile, e di un libretto di servizio su cui doveva annotare gli incarichi
affidatigli dall’Ufficiale di Genio Civile e dal Capo Cantoniere. I cantonieri che
avevano cinque anni di servizio e che erano in grado di svolgere le quattro
operazione aritmetiche fondamentali, di scrivere un rapporto sui servizi svolti
durante la propria attività ed eseguire rilievi topografici e misurazioni
sarebbero potuti diventare Capi Cantonieri. Con questo passaggio di grado,
secondo l’articolo 32 del R.D., avevano sotto la loro responsabilità un gruppo
di cantoni per un tratto solitamente non superiore ai 30 chilometri e dovevano
occuparsi della supervisione dei lavori che i cantonieri avrebbero svolto nelle
loro 12 ore di servizio, domeniche e giorni festivi inclusi.
I cantonieri dovevano risiedere obbligatoriamente vicino al proprio cantone
per agire con prontezza in caso di interventi necessari per il risanamento del
tratto di strada: per questo vennero costruite le Case Cantoniere, punto di
riferimento e di ricovero per il personale e per gli attrezzi del mestiere,
rappresentanti un’icona di architettura stradale del nostro Paese.
I principali incarichi del Corpo erano la manutenzione delle banchine, la
pulitura dei cigli e la segnaletica orizzontale e verticale.
Fino al 1928, anno della fondazione dell’azienda AA.SS., esistevano su tutto il
territorio nazionale circa 3000 cantonieri subordinati a ditte appaltatrici e
responsabili del patrimonio stradale nazionale. Con l’istituzione dell’AA.SS. ci
si rese conto di quanto fosse essenziale questo Corpo, che vivendo a stretto
contatto con il cantone ne conosceva le caratteristiche e avrebbe potuto
occuparsene con una manutenzione ordinaria; si decise quindi la stesura di un
regolamento contenuto nel R.D. n.1139 del 01/06/1928. Si passò così nel 1928
ad avere 4700 cantonieri, di cui 500 capi cantonieri, e nel 1932 a 6000, con
l’introduzione di nuove figure: l’allievo cantoniere e il cantoniere scelto.
La vera innovazione fu l’introduzione di corsi teorici volti a istruire e
migliorare le conoscenze dei giovani cantonieri. All’epoca l’AA.SS. era
considerata un’azienda all’avanguardia, in quanto possedeva un patrimonio di
attrezzature meccaniche notevole. Essendo l’azienda nata sotto regime fascista,
tutto il Corpo venne riformato ispirandosi al sistema gerarchico militare con
annessa divisa; infatti si partiva dal grado più basso di allievo cantoniere, fino
ad arrivare a quello di Capo Cantoniere.
(da https://webthesis.biblio.polito.it/9938/1/tesi.pdf - tesi di laurea magistrale Relatore Jean Marc Tulliani)

Questa era la descrizione della rete stradale camuna di 200 anni fa prima che sorgessero le case cantoniere.

Prospetto Strade  (1828)
Varie pendenze e contro pendenze si incontrano su questo stradale e le maggiori non oltrepassano il 10% parlando del tronco da Lovere a Ponte di Legno e il 18% rispetto al successivo tronco da Ponte di Legno alla vetta del monte Tonale.
Il primo di essi tronchi è percorribile con legni da vettura e con carretti di attiraglio in tutta la sua lunghezza di metri 75.700 essendo le sue larghezze di metri 5, 4, 3.50, 3, e la minima di metri due in due punti all'interno di Cedegolo.
Il secondo tronco poi portante la lunghezza di metri 6800 è solamente sommeggiabile attese le sue grandi ripidezze.
Rispetto la strada da Pisogne a Boario lunga altri metri 12.690, e larghe in generale metri sei, mantiene essa un piano di poche acclività, e la maggior pendenza al ponte di Montecchio non eccede 7% per cui può essere percorribile anche delle piccole barre.
Parlando finalmente della strada da Edolo ad Aprica lunga metri 14600 e non per anco adattata è in cattivo stato portante pendenze sino al 15% è suscettibile soltanto del passaggio di cavalli ed altre bestie da soma.
(A.S.Bg. Genio Civile b. 54 )