Premessa
Dedica
A Elena che mi ha accompagnato su e giù per le montagne, i paesi e le strade
piccole e grandi di questo nostro territorio ed ha avuto pazienza e tolleranza
sia durante le escursioni che nelle giornate d'inverno quando mi intrattenevo al
computer più del dovuto a preparare schede o riordinare mappe e foto; senza il
suo supporto non sarei mai giunto al termine; ai miei figli Ivan e Fabio che
hanno scattato per me migliaia di foto nei vari archivi permettendomi di avere a
disposizione copie indispensabili per il lavoro di documentazione.
L'inizio
La scintilla iniziale è scaturita durante un incontro con i colleghi della
Scuola Elementare del Circolo Didattico di Ponte di Legno per la scelta di un
tema di lavoro comune a tutte le scuole del Circolo. Essendo stato tra i
promotori della ricerca sui toponimi ho cercato di trovare un modo di
restituzione del lavoro che fosse intuitivo, semplice e accattivante. Ho così
deciso di avvalermi degli strumenti informatici e mi sono attivato per reperire
la fotografia aerea di tutta la zona dell'alta Valle Camonica.
La
ricerca con la scuola prevedeva soprattutto l'incontro con le persone anziane
del paese per farci indicare da loro i toponimi che conoscevano, mostrarceli
sulle mappe e, se possibile, andare sul posto ad osservare. Al termine è stato
prodotto un dvd con i risultati della nostra ricerca.
Era il 2005 e a settembre sono andato in pensione, ma il lavoro svolto mi aveva
incuriosito. Ho quindi deciso che avrei continuato il lavoro per ampliare la
ricerca e tentare di dare anche un significato ai vari toponimi.
Sono andato quindi ad intervistare ed a parlare con un gran numero di persone:
utilizzando il computer mostravo loro le cartine topografiche, le mappe e le
fotografie aeree della zona che loro conoscevano e mi facevo indicare dove si
trovavano i toponimi sulla carta o sulla fotografia aerea, procedendo quindi a
segnarlo sul computer.
I miei informatori sono stati per Ponte di Legno: Luigina Calcari, Adelio Cominoli, Donati Tullio, Annibale Longhi, Lucia Longhi,
Angelo Rizzi, Mario Rossi, Bruno Zuelli, Luigi Zuelli;
per Temù:
Orsola Cesari, Bazzana Elsa, Antonio Tantera, Toloni
Filomena, Marilena, Natalina e Flora Cattaneo, Lino Sandrini;
per Vione:
Dino Marino Tognali, Margherita Rossini, Savillo Rivetta,Wilma Coatti;
per Vezza:
Marianna Zampatti,
Carmen Ventura;
per Incudine:
Guizzardi Elisa, Piazzani Ventura, Zani Pierina Domenica;
per Monno
Pietroboni Luigi;
per Edolo:
Giovanni Tomasi, Umberto Vidilini, Boninchi Edoardo, Pedrotti Paolo.
A tutti questi devo aggiungere la miriade di persone incontrate nei percorsi per
fotografare i toponimi che mi hanno ragguagliato su singole località perché di
loro proprietà o perché conosciute per assidue frequentazioni.
Mi scuso da subito per chi ho involontariamente dimenticato o confuso tra le
molte persone che mi hanno fornito informazioni sui luoghi.
Alle fonti verbali ho aggiunto quelle cartacee come le informazione trovate nel
Nuovo catasto acquisito in formato elettronico e
quindi facilmente consultabile nel corso di tutto il lavoro.
A
questo proposito vanno fatte alcune osservazioni: il N.C.T. è indubbiamente una
valida fonte, ma non sempre la collocazione dei toponimi è attendibile; ci sono
diversi errori ed andrebbero corretti per non perpetuarli; come spesso accade la
scrittura dei toponimi è stata italianizzata a volte con effetti deleteri per la
comprensione del nome autentico del toponimo, perché chi scriveva o non
conosceva il dialetto o cercava di tradurre dal dialetto in italiano con un
pizzico di fantasia, non risultando diversi termini dialettali facilmente
trasferibili "tout court" in italiano.
Altra fonte di informazioni soprattutto per quanto riguarda l'altimetria è stata
la Carta tecnica Regionale al 10.000 anche questa reperibile in rete ed in
diversi casi molto preziosa anche per programmare le uscite nelle varie località
grazie alla rilevazione di sentieri o mulattiere spesso mancanti nella carta
I.G.M. al 25.000. Anche sulla C.T.R. ho rilevato diversi errori non solo nella
toponomastica, ma nella correttezza delle quote delle isoipse o curve di
livello; anche in questo caso sarebbe opportuno procedere alla revisione di
queste carte per renderle più attendibili.
Ulteriori fonti di informazioni le ho trovate in documenti antichi tra cui la
pubblicazione a cura di G. Maculotti degli Statuti del Comune di Ponte di Legno
sec. XVI-XVII, i documenti allegati al libro di F. Bontempi Storia di Temù,
Pontagna e Villa, che mi hanno permesso di confrontare il toponimo attuale con
quello in uso tra il 1600 ed il 1700.
Cercare di dare una spiegazione al significato dei toponimi si è però mostrato
un ostacolo assai difficile da superare. Quasi nessuno degli intervistati sapeva
dire perché un toponimo si chiamava così e che cosa voleva dire ad eccezione di
quelli riconducibili ai cognomi o agli ”scutüm dei possessori.
Man mano che raccoglievo informazioni ed analizzavo le parole, mi sono reso
conto che esistevano almeno tre livelli temporali in cui collocare i vari
toponimi. Il più recente era dato dalla proprietà del posto; il luogo si
chiamava così perché i possessori del terreno, tramandato da una generazione
all'altra, si identificavano con il bene fosse un prato, un bosco o una cascina
che quindi veniva chiamata con il cognome o lo ”scutüm della famiglia e questo
era avvenuto negli ultimi 300 - 400 anni.
Un livello temporale intermedio era secondo me riscontrabile nella toponomastica
riferibile all'agricoltura ed all'allevamento; un posto era detto così per la
possibilità o meno di usufruirne per produrre alimenti o per il pascolamento
degli animali; era importante riconoscere i luoghi con acqua, le sorgenti, i
luoghi di pascolo e quelli pericolosi o poco adatti per lavorare la terra. Penso
che questa toponomastica inizi nell'alto medioevo e sia poi proseguita fino a
circa 50 anni fa con l'abbandono dell'agricoltura e dell'allevamento.
C'è
però una toponomastica ancora più antica che a mio parere ci porta a periodi
assai lontani da noi, all'epoca in cui i primi cacciatori - raccoglitori
entravano nella nostra valle per battute di caccia a cervi, caprioli, camosci e
per raccogliere i pochi frutti spontanei della terra come bacche, frutta,
funghi, erbe ed anche miele. Questi uomini del mesolitico o del neolitico, non avevano
indicazioni da seguire o strade che indicassero la via e per ritrovarsi non
potevano certo fare affidamento su tecniche come quelle attuali (cellulari, Gps,
navigatori ...); l'unica loro possibilità era la conoscenza approfondita del
territorio che poteva essere riconosciuto grazie alla morfologia del terreno,
alla presenza di particolari sorgenti o torrenti o fiumi con caratteristiche
facilmente riconoscibili che rendevano possibile anche la comunicazione con gli
altri membri del clan, come fanno le api con la loro danza quando tornano
all'alveare dopo aver trovato del nettare.
Se davvero i nomi più antichi risalgono a questi primi esploratori per
necessità, vuol dire che la lingua che usavano non poteva certo essere né
l'italiano, né il latino e neppure il greco. Doveva essere una lingua più antica
proveniente da chissà dove.
Ero di nuovo di fronte ad un problema di non facile soluzione che però mi
affascinava. Ho quindi passato alcuni mesi a reperire materiale e informazioni
sulle lingue antiche: i miei studi classici mi permettevano a malapena di
masticare un po' di greco e di latino, ma qui bisognava andare più indietro.
Un giorno mio figlio, a cui avevo chiesto informazioni in proposito visto che
studiava e stava frequentando l'università, mi ha mandato alcuni link di pagine
internet in cui si parlava di lingue antiche.
Una pagina mi ha portato ad incontrare un nome che mi ha aperto nuovi orizzonti:
quello di Giovanni Semerano. (Vedi http://www.scudit.net/mdbabelacca.htm)
Semerano mette a confronto migliaia di termini del lessico delle antiche lingue
europee, attestati nella letteratura e nelle iscrizioni, con quelli delle
antiche lingue della Mesopotamia,
di
cui si ha abbondanza di testimonianze. Il lessico comparato è costituito da
idronimi (nomi di fiumi), antroponimi (nomi di persone), teonimi (nomi di
divinità), toponimi (nomi di luoghi), e ancora da nomi di oggetti d'uso comune e
da verbi, propri delle attività manuali e del pensiero. Da tale confronto
secondo l'autore emerge un'affinità semantica (di significato) e fonetica (di
suono) tra i lessici delle lingue europee e di quelle mesopotamiche, in
particolare l'accadico, il linguaggio con la più antica e ampia tradizione
scritta, appartenente alla famiglia delle lingue semitiche e con tracce di
sostrato sumerico. Semerano ipotizza quindi l'esistenza di un'antica unità
culturale protostorica dell'Europa e del Vicino Oriente, che si sarebbe
articolata lungo la via continentale del Danubio e lungo le coste del Mar
Mediterraneo, dall'Africa fino all'Irlanda, sulle vie del commercio dell'ambra,
dello stagno e anche del ferro.
L'idea mi sembrava affascinante, ma dovevo saperne di più. Ho quindi acquistato
tutti i suoi libri (con una sforzo economico non indifferente circa 400 €) e mi
sono messo a studiarli.
Man mano che procedevo con lo studio mi sembrava che si squarciassero dei veli e
le parole acquistassero un loro significato. (Leggere questo articolo http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/000429.htm).
Usando i suoi dizionari etimologici del greco e del latino e voci moderne ho
potuto testare sulla nostra toponomastica la possibilità di dare un senso alle
parole e ho incominciato ad intravedere
anche
tra i lemmi più oscuri un'immagine che li rivelava. ”Ercavàl non aveva niente a
che fare con i cavalli, ma ”ercavàl da accad. ”arka che sta dietro o
”arku che
sta in alto e ”ba-al scavo, canale, sumero ”bal valle da cui lat.
”vallis;
significava la parte alta (lat. ”arcem) e nascosta della valle riferito
evidentemente alla ”vàl de vìs, così come ”valbiù, da accadico ”halpiû
specchio d'acqua, sorgente; negli statuti di Ponte del 1548 è chiamata anche
”balbione
"sia bandito il bosco di sopra Poia cominciando dal Colai del Cai apresso alla
strada che va in Balbione". Questo porterebbe ad interpretare ”balbiù
come sumero ”bal valle e greco ”biòs arco che si adatta
perfettamente alla conformazione della zona. Per chi osserva da lontano è facile
notare come, più che una valle, sia un anfiteatro circondata da boschi, in
accadico ”halbu
foresta.
Ho quindi provato a ricostruire il significato di tutti i toponimi partendo
dall'antica lingua accadica e passando per quanto possibile al greco e al
latino, ed in diversi casi cercando anche l'influsso di lingue germaniche visto
il nostro incontro nel medioevo con Longobardi, Franchi ed altri popoli
cosi detti barbari.
So che questa non è la "verità", ma è la spiegazione più accettabile che sono
riuscito a trovare dopo aver visto di persona il luogo di tutti i toponimi
cercati, averli fotografati da posizioni diverse ed essermi immedesimato nel
cacciatore mesolitico che deve comunicare ad altri dove è stato, tenendo
presenti i mutamenti che il territorio ha subito nei millenni, per cui,
trovandomi nella piazza Europa a Ponte di Legno e sapendo che la zona era detta
”carèt (palude), dovrò immaginare tutta la piana delle ”susìne ricoperta da acqua.
Nella scheda è stata indicata come "etimologia", tanto per capirci, ma io
preferirei chiamarla "suggestione", quello che il posto, osservato con cura e
con occhi non legati al presente, ti fa capire. Per questo, non essendo un
linguista, ho rovesciato l'approccio; non ho cercato nel nome il significato, ma
ho cercato di vedere in che modo la parola si adattava al posto, che cosa aveva
il luogo per suggerire ai nostri antenati il nome che gli era stato dato.
Ho cercato quindi, quando
un suono simile e con lo stesso significato era stato usato; prendendo a piene
mani dai lavori di Giovanni Semerano, ho cercato una sequenza temporale che
indicasse la presenza di questa parola, dalla Mesopotamia alla Grecia, passando
inevitabilmente da Roma e dai popoli germanici. Questo non vuol dire che la
parola presente in una lingua sia passata direttamente ad un'altra, ma è solo la
testimonianza dell'esistenza di questa parola, con un suono e significato simile
in varie lingue, anche se non so indicare in che modo e in che tempi ci sia
stata questa migrazione di parole e di significati.
Se altri troveranno delle spiegazioni migliori e più consone ben vengano, il
sapere e la conoscenza non sono monoliti intoccabili ed inamovibili, ma
strumenti per rispondere alle nostre domande nel modo migliore che conosciamo e
quindi suscettibili di modifiche ad ogni nuova scoperta che dia risposte
migliori.
Nella ricerca avevo però avuto grossi problemi ad identificare con precisione la
localizzazione e il dimensionamento dei vari toponimi perché bastava cambiare
interlocutore ed il luogo veniva spostato in base al ricordo ed anche chi aveva
da anni una baita, un prato, non sapeva fino a dove giungeva il territorio del
toponimo e poi non bisogna dimenticare, che le persone con memoria storica
diretta dei luoghi usati per l'agricoltura, per l'allevamento o per la caccia
sono poche, rispetto agli abitanti, perché la maggior parte non conosce, non solo i
luoghi, ma neppure la lingua ed in tempi recenti sono stati attribuiti alle
nuove costruzioni nomi che nulla hanno a vedere con il toponimo originario, ma
sono nomi di pura fantasia, scollegati dalla realtà (il girasole, la rondinella,
i ginepri, il dosso del sole ...).
Per ovviare a questo inconveniente ed avere una certa precisione nel definire la
zona di un toponimo era necessario poter tornare indietro nel tempo a quando
ancora tutta la zona era dedita alla pastorizia, all'allevamento ed alla
coltivazione dei prati e quindi, non essendoci più le persone, dovevo ricorrere
ai documenti.
E' stato così che, armandomi di pazienza e di entusiasmo, ho rivoltato tutta la
ricerca fatta e sono andato, o ho incaricato i miei figli di andare, a fotografare tutte le mappe dei vari paesi del 1811
e tutti i sommarioni, che descrivevano il numero della particella, dicevano chi
era il proprietario, che tipo di coltivazione veniva effettuata e soprattutto
come era chiamata nel linguaggio comune da tutti gli abitanti. Per ogni paese
c'erano infatti alcune persone dette "pratico indicatore" che andavano con un
perito del comune e con un ingegnere a fare i sopralluoghi in tutti i luoghi per
censire la zona.
A questo punto potevo sulla mappa del 1811 tracciare i confini dei vari
toponimi, ma mio intento era quello di fornire, ad un curioso di toponomastica, la
possibilità di navigare su una fotografia aerea sul computer che, al passaggio
del mouse, indicasse il nome dei luoghi. Ho quindi rifatto il lavoro per tutti i
paesi, ma quando sono giunto alla fine non sono stato soddisfatto perché
compariva sì il nome del luogo, ma non riuscivo a delimitarlo ed evidenziarlo.
A
questo punto è intervenuto ancora l'aiuto di mio figlio che tramite le amicizie
con informatici mi ha dato la soluzione. Il guaio era che dovevo rivedere tutto,
ma penso ne sia valsa la pena. Utilizzando un programma per computer, ho
sovrapposto, con possibilità di dissolvenza, la mappa del 1811 alla fotografia
aerea, dopo averle rese compatibili per scala e, con mia grande sorpresa, ho visto
che gli autori delle mappe del 1811 erano stati talmente precisi che era
possibile far combaciare fiumi, vecchie strade, valli, con quelli riscontrabili
sulla foto aerea. Ho perciò provveduto a fare in modo che al passaggio del mouse
si evidenziasse tutta l'area del toponimo e cliccando nell'area stessa si
aprisse una pagina con la descrizione del toponimo e con la fotografia dell'area
oltre alla possibilità, per i toponimi presenti nel 1811 di andare su un'icona
con una pergamena che permette di aprire la mappa del toponimo al tempo di
Napoleone. Per non avere dubbi sulla pronuncia, ho fatto in modo che, premendo
il segno di "play" accanto al disegno del suono, si possa ascoltare e
riascoltare, come viene pronunciato il toponimo, da un abitante dei vari paesi a
cui appartiene il luogo in questione.
A questo punto, se siete curiosi di conoscere i toponimi della nostra zona non
vi resta che iniziare il viaggio, non prima di aver letto le istruzioni sul
settaggio del monitor per una resa ottimale. Avendo scritto in lingue ormai
scomparse, avevo pensato di far installare sul computer
dei font di scrittura in grado di fare la translitterazione delle parole, ma ho
ritenuto la cosa troppo scomoda e ho quindi deciso di riscrivere tutte le parole
in accadico e in greco usando un font che accettasse i caratteri Unicode, di
modo che appaia la scrittura corretta, senza bisogno di dover installare altri
fonts.
Buon viaggio.