Tunàl
Quota = 1880 m
Tipologia = Passo
Posizione: a nord del ”paradìs, a est di ”pònt, a sud del ”cadì, a ovest del ”trentì.
Descrizione: passo noto già nell'antichità ed attualmente rinomata stazione di sport invernali, è stato teatro di guerra nel primo conflitto mondiale e ne conserva memoria in un grande monumento ossario costruito dove un tempo passava la linea di confine.
Etimologia: tunàl (tun + val) da sumero ”dun ”tun fossa, cavità, ant. alt. ted. ”tunna botte, barile, inglese ”tun bótte , che si vuole di origine celtica, val da sumero ”ba-al scavo, aprire un canale, a ebraico ”bālal scorrere, a greco ”αὐλών vallone, a lat. ”vallis valle a dial. ”vàl, ”àl per cui ”tunàl significherebbe valle a forma di botte, cavità a forma di U racchiusa tra alte montagne.
Storie o leggende:
le strìe del ”tunàl.
Non è possibile parlare del ”tunàl senza accennare alle ”strìe del tunàl.
Il passo, posto tra la Valcamonica e la val di Sole, fu fin dal passato
considerato «reggia di Plutone, che serve di teatro, per farvi lor circoli, e
diabolici tripudij ad un gran numero di streghe e Negromanti». Così padre
Gregorio Brunelli ricordando che al passo, streghe e stregoni convergevano
cavalcando capre, cavalli e anche gatti, oltre a ogni altra specie di animali
fatati.
Una strega bergamasca, certa Onesta, ci andava sopra una capra, un’altra,
Pincinella, così descriveva il viaggio: «Meteva le gambe in spalla al me Zullian
et in una Ave Maria el me ge aveva portà, et alcune volte veniva un demonio in
forma o di cavallo o di capra, e se me portava e cussì li altri».
Il Tonale era «il luogo preferito dalle streghe della Valtellina per le
radunanze, scelto pure dalle streghe delle prossime altre terre, in ispecie
della Valcamonica, al qual monte si associano ancora oggi tradizioni paurose di
infernali congreghe, di notturne tregende» (V. Spinetti, Le streghe in
Valtellina, Sondrio 1903, pag. 51).
Il passo ha una fama diabolica come testimoniano i documenti processuali. A
esempio, tra i documenti dei processi celebrati a Sondrio nel 1523, il nome del
Tonale ritorna con frequenza: «da poij la dicta Catelina monta a cavallo sopra
uno bastone unto de un certo unguento che la dicta Margherita non sapeva da qual
compositione fusse facto, supra il qual bastone la dicta Catelina fece anchora
montare dreto de leij la soprascritta Margarita, et cossì tutte doij furno
portate nel loco del Tonale, dove se faceva el zogo del bariloto (con «zogo del
bariloto» si intendeva la riunione delle streghe, detta anche «sabba», n.d.r.)».
E ancora. «Bartolomeo Scarpatetto, de sette anni, fu condocto parte per man et
in parte in brazo per la dicta Iohannina sua amita al zogo del bariloto che se
faceva in Tonal» (F. Odorici, Storie bresciane, Brescia 1860, vol. IX, pagg.
94-106).
Nel 1510 venne a Edolo il vescovo Paolo Zane, accompagnato dai frati inquisitori
domenicani per interrogare e mandare al rogo una sessantina di streghe, alcune
processate a Cemmo, Bienno e Pisogne. Nel 1517 vi furono altri settanta roghi e
l’anno successivo vi fu una nuova ondata di esecuzioni. Le accuse erano sempre
le stesse: adorazione di Satana, amplessi col demonio, bambini uccisi e
mangiati, cadaveri profanati. Era al passo del Tonale che le streghe si davano
convegno coi bastoni volanti e i cavalli stregati.
Volano le streghe, nel mese di giugno. Femmine d’uomo, trasformate in uccelli (strix),
partecipano ai sabba, fornicano con il demonio e nella notte di S.Giovanni il
Battista solcano i cieli e succhiano il sangue dei lattanti sottratti alle
culle. Voli inquietanti, che nel Bresciano convergono dai laghi e dalle tre
valli sul passo del Tonale, dove le bestie heretiche scatenano tutta la loro
malvagità al servizio del demonio, con pratiche orgiastiche ben conosciute, nei
tempi andati, da preti al servizio del bene e della santità degli uomini, come
quel don Bernardinus de Grossis che nel 1518 a Pisogne salvò le anime di otto
peccatrici bruciandone i corpi contaminati sul rogo.
Qui Ormus cede la penna ad un cronista dell’epoca, il nobile veneziano Marin
Sanudo, il quale scrive: “ ... mentre venivano lette le loro sentenze, ho visto
queste donne veramente pentite, secondo me, infatti recitavano molte preghiere e
si racomandavano a Dio e alla santissima Vergine, dicendo sempre:o Dio
misericordia! E tra di loro ce ne fu una che, alla mia presenza, si rivolse al
vicario frate Bernardino dicendogli: “Mi fate un grande torto. Gli altri devono
saperlo, che siccome io non dicevo come voi volevate, mi avete detto ‘brutta
vacca’ e altre parolacce. E poi non mi avevi giurato di lasciarmi andare se
avessi detto come volevate voi? Mi avete sull’anima (oppure: lo avete giurato)
com’è vero che avete addosso un vestito. Tu sei peggio di me”. E aggiungeva:
“Dio mi è testimone, lui che ci vede da lassù”. E quasi tutte gli dicevano che
aveva promesso di rilasciarle se avessero confessato.
E aggiungo che ho udito una di quelle donne che doveva pure essere bruciata, la
quale diceva davanti a tutti: “Sappiate in verità che discolpo Antonino Decus e
il Ciabattino e Bartolomio Mori” poi nominava degli altri dicendo: “Non è vero
che io li abbia mai visti al sabba sul monte Tonale; me lo hanno fatto dire per
forza, e questo lo dico per scaricare la mia coscienza”.
E dico che lo spettacolo che mi si presentava era di tale crudeltà, vedere
quelle donne sul rogo che bruciavano vive, che arretrai attonito: due o tre
erano morte e quasi completamente arse prima ancora che il fuoco avesse
raggiunto le altre.
E aggiungo di aver udito pubblicamente che alle streghe si infliggono torture
eccessive; tra le altre cose ad una donna fu dato il tormento del fuoco perchè
confessasse al punto che per la violenza del fuoco quella ebbe i piedi staccati;
io penso che anche per questo motivo si raccontino molte cose false. E dico che
simili processi dovrebbero essere istruiti da uomini di grandissima competenza,
teologi e cronisti di retta coscienza e pieni del timor di Dio, perchè qui si
tratta della morte di esseri umani”.
Questo accadeva, grazie all’opera del frate Bernardinus de Grossis, nell’anno di
grazia 1518 nel territorio bresciano della Serenissima repubblica di Venezia.
Venezia alla fine mandò in Valle Camonica due vescovi e un inquisitore perché
indagassero non sulle streghe, ma sugli accusatori, sospettati di avidità: alle
streghe bruciate si toglievano infatti tutti i beni per darli alle chiese. (Da
"Le “bestie heretiche” del Tonale" Silvano Danesi Archiviato in "Il pennino di
Ormus.")