Dòs de le barbìne
Quota = 1291 m.
Tipologia = Dosso
Posizione: a nord di ”viù, sotto la strada che porta a ”canè, all'imboccatura del ”viàl lònch, appena passata la ”àl dei mulì.
Descrizione: è un dosso attualmente coperto di vegetazione, in prevalenza larici e pini ed alla sommità è piantata una enorme e squallida croce di lamiera verniciata di bianco ed in parte arrugginita.
Etimologia: dòs da accadico
”dasen grosso, grasso e ”sum dorso, schiena quindi gobba, gibbosità,
al latino ”dorsum dorso, dosso al dialetto ”dòs prominenza del
terreno, piccola gobba;
barbìne
da accadico ”perku
luogo inaccessibile, al greco ”πέργαμος
rocca di Troia, a ted. ”berg
monte.
Bergimo era una divinità protostorica
gallica, venerata particolarmente nel territorio bresciano, che impersonava il
concetto di grandezza e maestosità del paesaggio alpino.
Secondo la leggenda il dosso era un
luogo di culto delle sacerdotesse del dio Bergino o Bergimo chiamate ”bèrge, ”bergiàne
o ”barbìne.
Storie o leggende:
epigrafe
Sex(tus) Nigidius / Fab(ia tribu) Primus ae/dil(is) Brix(iae) decur(io) /
honore grat(uito) d(ecreto) d(ecurionum) / ex postulation(e) pleb(is) / aram
Bergimo restit(uit)
L’iscrizione ricorda un magistrato locale, edile e decurione di Brixia,
incaricato dall’amministrazione bresciana della cura degli edifici sacri e
pubblici che, a richiesta della popolazione, fece ripristinare l’ara del dio
Bergimo. Lo stesso personaggio è ricordato in un’altra iscrizione su ara votiva
(CIL V, 4982; Inscr. It. X.5 nr. 1053) con dedica alla Tutela Augusta, trovata
nel centro storico di Arco.
Bergimo era una divinità protostorica gallica, venerata particolarmente nel
territorio bresciano, che impersonava il concetto di grandezza e maestosità del
paesaggio alpino. Il documento attesta la forte presenza di popolazioni
preromane legate alle antiche tradizioni religiose e, nel contempo, la saggia
politica del municipio di Brescia nel rispettare la religione locale.
Annota il Biancardi nella sua Historia: "... L'originari et habitanti di
Polagra con li suoi membri adorarono per l'horo nume principale Giove sotto il
nome di Bergimo et monte al qual dio Giove sacrificavano quelle genti ogni anno
un toro e un agnello bianchi et a Marte un vitello chiamato Picco o Piccozzo...". Gli fa eco Padre Gregorio: " ...dentro il Dosso Bergimo, o come dice il volgo
Barbino, all'acqua Martia [...]; a Vione dentro il castello subito passata la
valle dei Mulini, trovasi sotto la strada una viva memoria del medesimo ch'è una
piccola collina isolata, coronata da folti arbori di larici e ginepri la quale
porta tutt'hora il nome di Bergimo e la lingua vernacola dagli idioti detto il
Doss di Barbino, per testimonianza ch'ivi Bergino fosse adorato...".
I druidi, sacerdoti celtici, si riunivano nelle foreste per celebrare i riti, al
pallido raggio della luna. Mentre le sacerdotesse (Barbine o Berge o Bergiane)
danzavano nude, velate di candidi pepIi, sciolte le chiome, agitando con forza
le torce accese, vi si immolavano vittime, traendo auspici dalle palpitanti
viscere, come ci tramanda Tacito.