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Zoanno -
Suàn

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panoramica di zoanno, 1910

Zoanno nel 1910, visto dall'ingresso sudovest.

panoramica di zoanno

Zoanno nel 2006, visto da Meda.


Nomen omen - Etimologia Storia di Zoanno Personaggi famosi Zoanno e i dintorni


Zoanno è una frazione del comune di Pontedilegno, nella provincia di Brescia.
Il paese, situato a 1320 m. sul livello del mare, si dispone lungo l'asse sudovest-nordest, segnato dalle due vie principali: via San Giovanni e via Sandro Bonicelli. Conta circa 60 abitanti.

Etimologia

su-an Per cercare di capire l'origine del toponimo *suàn, dobbiamo fare uno sforzo di immaginazione e pensare a come poteva presentarsi il paesaggio agli uomini che per primi hanno chiamato con un nome questo posto, perché certamente il termine è antichissimo, non ha nulla a che vedere con il santo patrono della chiesa, S. Giovanni, anche perché in dialetto Giovanni si pronuncia Zuàn, ma soprattutto perché i nomi dati ai posti nei tempi antichi si basavano quasi esclusivamente sulle caratteristiche morfologiche del posto, la forma, la presenza di acqua, l'esposizione al sole, la collocazione rispetto ad altri fenomeni orografici o idrografici di una certa importanza presenti nelle vicinanze. Dobbiamo quindi immaginare i cacciatori del mesolitico o del neolitico che giungendo in questi luoghi trovavano un ambiente molto diverso da quello attuale. Nella conca di Ponte c'era quasi sicuramente un lago, come testimoniano tutta una serie di toponimi che ci parlano di paludi, di canne, di grande quantità di acqua. Lo stesso toponimo *dalanias ricordato nel documento di donazione della Valle Camonica da parte di Carlo Magno ai monaci di Tours del 774 d.C. si spiegherebbe scomponendo *dalanias in *dal da accad. *dallu che sta in basso, che scende, a ebraico *dal valle, gotico e ant. sassone *dal valletta,, inglese *dale piccola valle e semitico. *ain fiume (vedi idronimi Anio, Aniene, [Aniene: ania+ene acqua + sorgente], Ania) accadico *ênu sorgente ant. tedesco *auwa prateria paludosa al dial. della media valle *aiwa acqua per cui la *dalania indicherebbe la valle dell'acqua, dei torrenti. Questi laghi e zone paludose erano i residuati della grande glaciazione di Wurms; quando i ghiacci si erano ritirati, avevano lasciato una serie di morene che sono ancora visibili, come nella piana di Ponte il *dòs di calamài e il dosso che scende sino alla chiesa e che attualmente si chiama via dei villini. Per secoli hanno ostruito il passaggio al *narcanél (da accad. *nar fiume e *qanû canna, a greco *naròs che scorre e *kànnes canne, a dial. *narcanél il fiume con le canne. E' una cosa abbastanza strana, ma le canne palustri ricorrono anche in altri toponimi limitrofi come *calamài (bordo del lago di *sida formato dal *narcanél), canì, *le canü). Anche quando il fiume è riuscito ad aprirsi un varco, è rimasta una zona paludosa come si è potuto vedere anche recentemente durante i lavori in corso per la costruzione dei parcheggi di piazzale Europa un tempo chiamata *carèt (zona dove crescono erbe palustri). La stessa cosa doveva essere accaduta tra il dosso di *via dei villini e il *dòs de la tór che si congiungono dove adesso c'è il ponte in pietra chiamato *pónt àlt ostruendo *l'öi de valmàlsa (attualmente chiamato Frigidolfo); tutta la piana ora occupata dalla zona artigianale doveva essere una zona di palude e di acquitrini come testimonierebbe il toponimo della contrada di Ponte chiamata *sancampél che nulla ha a che vedere con i santi, ma il nome antico *suncampel indicherebbe i campi della palude *san probabilmente è da intendersi *sun e potrebbe essere spiegato, tenendo presente che la zona appena dopo viene chiamata *pracarvai cioè i prati di stoppie e di erba palustre essicata, con il sumero *sug acquitrinio per cui avremmo il *campél da *camp accad. *kappum palmo della mano, superficie piana,a greco *kàmpos luogo dove si esibiscono i cavalli da briglia, a lat. *campus terreno dissodato, campo, a dial. *camp, *cap terreno adibito alla coltivazione, a *campél che anche in altri dialetti significa piccolo pascolo e *sug acquitrino, cioè la zona sarebbe stata un appezzamento di terreno paludoso almeno in determinati periodi. Ma tutto questo cosa c'entra con *suàn? Rispetto alle zone descritte, *suàn si trova più in alto di circa 70 metri per cui i cacciatori lo indicavano come il posto in alto sopra la palude, da sumero *sug palude e accad. *an quello che sta sopra, quello accanto per cui *suàn starebbe ad indicare il posto, la balza accanto alla palude. Nel fotomontaggio si è cercato di rappresentare la morfologia antica lasciando però riferimenti attuali come ilpaese di *suàn, il *dòs de la tór dove sorge *l'istituto attualmente detto Villa Luzzago, il dosso di via dei villini che costituiva la morena laterale sulla destra orografica del ghiacciaio che scendeva dal *pisgàna e sulla sinistra per il ghiacciaio del *gàvia.


Storia

La DivisioneLa ChiesaL'istitutoLuce ed Acqua

La storia di *suàn (Zoanno) è fino al 1624 intimamente legata con quella della comunità di *dalegno toponimo che comprendeva tutte le terre dell' alta valle al di sopra di Vione ed in particolare i paesi di: *temü, *le canü, *mulìna, *puntàgna, *la vìla, *póia, *pónt (con le contrade *pónt, *cuzìcla, *nì, *sancampél), *suàn, *parchezài, *pés. Il primo riferimento che ho trovato, al di là delle supposizioni sulla primitiva collocazione di *suàn che sarebbe stato costruito più a sud della posizione attuale, si riferisce ad una lettera in data 14.08.1526 con la quale il capitano della Valle Andrea del Duca comunicava al senato veneziano di aver provveduto ad eseguire i lavori ordinatigli e di aver terminato la costruzione del bastione a Zoanno, presso Ponte di Legno. E' quindi provato che il luogo chiamato *dòs de la tór a quei tempi aveva effettivamente un bastione per difesa e per osservazione. Fino alla fine degli anni '50 le bollette della luce portavano come indirizzo: Zoanno Torre. Notizie più precise e dettagliate si possono trovare negli "Statuti di Ponte di legno del 1548. In questo documento è possibile anche capire quali territori appartenevano alla gente di Zoanno. "DISCREZIONE DELLE QUADRE DEL COMUNE - CAP. 57 E’ statuito e ordinato che questo Comune de Ponte di Legno sia compartito in dieci quadre, cioè terra di Pecio e Zoanno sia una quadra, terra de Precasalio un altra, terra de Sancampello e Nino la terza quadra, terra di Ponte quarta quadra, la terra di Cosicla sia la quinta quadra, la terra di Poia con l’altra delle Ville la sesta quadra, la terra della Villa la settima quadra, la terra de Pontagna sarà l’ottava quadra, la terra de Temù la nona quadra, le terre delle Canù e Molina la decima e ultima quadra, ma tamen tutte le sudette terre e quadre sotto un solo Comune e università qual si nomina il Comune di Ponte di Legno." Di seguito vengono meglio precisati i confini dei territori di pertinenza degli abitanti di Zoanno: "BOVALE DI ZOANNO - CAP. 89 Che sia Bovale de Zoanno li Boschedelli de Cesso, le Palù, Marzen Molino e Marzen Galiano e detti prati Galiano in dentro sin al dosso de val Mezana quali cominciano essere osservati al giorno di Santa Giulia e passato deto giorno si possa fare Condenasone giusto il solito e li Statuti. Item Valusella de via lovaia in zoso e via piana sin a mezza la val Mezzana dalli prati de Cesso in Suso." Il 14 dicembre 1608 faceva il suo ingresso ufficiale a Brescia il nuovo podestà inviato da Venezia per il biennio 1609-1610; il suo nome era Giovanni da Lezze. La relazione che manda a Venezia (nota come il "catastico Da Lezze" è molto precisa e si occupa anche del nostro territorio. A pag 557 scrive: "Primo Commune è Ponte di Legno qual contiene terre; Ponte, Pezzo, Precasalio, Zuanno, Poia, Villa, Pontagna, Temù, Lecanù. Questo Commune è situato in capo di essa valle et vi sono molini undici, due folli per indumenti, due raseghe, quattro fucine, non da lavorar ferro grosso ma da lavorar alla minuta cose pertinenti all'agricoltura. Li habitanti di questo Commune sono tutti contadini ma gente accorta pronta, risoluta et ferroce et brava et armigera et di arrischiarsi ad ogni pericolo et quasi tutti sono pegorari et dalle pegore cavano ogni anno qualche quantità di denaro, lane e castrati che vendono et buona parte di loro stanno assenti da essa valle dal principio di ottobre sino a maggio con le pecore, parte nel territorio bresciano et parte nel Cremonese et nello stato di Milano, et poi ritornano a casa a mezzo maggio dove stanno sino all'ottobre e quelli che restano a casa attendono all'agricoltura. Quivi li terreni si vendono più che in altro luoco della valle non per la bontà loro essendo terreni magri et secchi ed erti che producono un sol raccolto all' anno et la maggior parte dei prati si segano una volta et alcuni, pochi, che sono li migliori si segano due volte, ma per la moltitudine della gente, penuria di detti terreni, et concorso del denaro che cavano come detto sopra, qui anco non vengon frutti di sorte alcuna, eccetto biade et fieni come si è detto, vero chè vi son molti pascoli, et boschi et è paese molto selvatico ma però ameno al tempo dell'està." (tratto da Statuti di Ponte di Legno a cura di G.Maculotti)

La divisione

Nel 1624 si giunge alla separazione tra le terre alte (Ponte) e le terre basse (Temù) Il documento ci permette di capire l'importanza dello sfruttamento del terreno per fini agricoli o pastorali e la necessità quindi di regolamentare e definire bene i confini e i diritti dei vari paesi. "DIVISIONI DELLE TERRE SUPERIORI (PONTE DI LEGNO, PEZZO, PRECASAGLIO, ZOANNO E POIA) E DELLE TERRE INFERIORI (VILLA, PONTAGNA, TEMU' E LECANU') Primo Settembre 1624 Jesus, Maria, Joseph In Christi nomine. Amen. Anno Domini. D. Paulo Roncho, devisore, arbitro, eletto delle terre di fori di Ponte di Legno, cioè Villa, Pontagna, Themù e Lecanù ed Marco Antonio Guarnerij di Vione, devisore et arbitro, eletto delle terre di dentro, cioè Ponte di Legno, Pezzo, Precasaglio, Zoanno e Poia, et Marcho Antonio Tartaine di Breno, terzo eletto per una parte ed per l'altra come di esse elettioni nelli atti delli infrascritti notari sotto il dì 25 agosto 1624 instante a quali s'abbino relatione. Invochato di nuovo il nome della SS.ma Trinità, Padre, Figliolo e Spirito Santo, et della Beatissima Vergine Maria da quali. Prima assegniamo alle sudette terre di fori la montagna di Caione e Gavia con li suoi confini, cioè incominciando alla Ganda di Caione, che è in cima del Colai liscio et da lì in suso tutto quello che guarda verso il grasso di Bervadego venendo per dritta linea dal fondo di detta ganda da un sasso grande situato in cima delli Plazzini di Berdalego sopra del quale si è fatto un segno di croce con lettera A e, partendo dal sudetto sasso, andando per detta linea per il sentiero, che va a Pozza Longha ove si ritrova un sasso grande sotto il sentiero in fondo di detta Pozza Longha sopra del quale si è fatto un altro segno di croce con lettera B, ed indi, partendosi ed andando per dritta linea sin al acqua che si chiama il Rio di Caione e descendendo per detta acqua sin al sentiero per il quale si va dal Plaz de Borei alla strada della Cera, ed da detto Rio andando andando per detto sentiero nel qual (c'è un) Casalino pasato detto Rio dove si ritrova un sasso per un cavezzo e mezo sopra detto sentiero, sopra del quale si è fatto una lettera C e seguitando per detto sentiero sin alla strada della Cesa e continuando per detta strada sin alle confini di Gaviola seu fina in cima del Corno della Maralsa et da lì sin ai confini sopra il casetto, seguitando per detti corni sino al Filone di Gaviola e Maralsa talmente, che tutto quello che si ritrova sopra detti corni ed confini sia delle terre inferiori, e da lì in giù delle terre superiori con riserva però alla montagna Foraivacole di pascolare le sue raggioni nelle cime di detto Caione da certi corni in suso con dechiaratione ancora che quelli di Caione possano abeverare le sue pecore alle Fontane di Bernadego, quando pascolano in quella parte, ed che ancora quelli di Foraivacole possino abeverare le sue pecore alle sudette fontane di Bernadeghe una volta al giorno passando in cima alla ganda di Caione verso dette fontane per la più breve strada e di manco danno sij possibile. Di più assegniamo a dette terre inferiori la montagna de Monticelli con le sue raggioni e tutto quello si ritrova da sera, e da monte parte dal infrascritti confini e sin alli confini di Vione cioè cominciando di Val Marza verso monte, e verso matina sive a Corno Negro, cioè in cima per dritta linea sino alli confini di Val Marza, andando verso monte ed andando poi verso mezo giorno per detto Corno Negro per dritta linea sino al capo del sentiero di Somalbosco sopra li Colaij Valtelini, ove sopra di un sasso sotto detto sentiero per due cavezzi si è fatto un altro segno di croce con lettere D. Andando per detto sentiero alla volta di Via Viazza sino alla casa de Picelli in contrata di Arsea, venendo sopra la casa di Aresa tanto quanto capiscono li beni devisi, campi e prati s'intendono essi beni delle terre superiori e li beni comuni delle terre di sotto, con le riserve infrascritte. Cioè prima che quelli delli Monticelli in tempo di neve o tempesta, o altro cattivo tempo si possano abbassare nelli pascoli della Valle del Mes per due giorni solamente ed habbino le sue raggioni di montare e dismontare per le strade solite, o viceversa delle terre superiori possino ancor essi pascolare in comunione con quelle delle terre inferiori con le vache solamente per il tener di piò n. 60 in contrata di Somalbosco di sopra detta Via Viazza e che il boscare di detto piò 60 sia delle terre superiori riservato però la facoltà a quelli di fori di poter tagliar brathe per uso di caricar li fieni seu visegha anche in detti piò 60 al piede de lareci et a manco danno. Delegando la facoltà a m. Gio Belotti di Villa ed a mastro Giacomo Regazzi di Precasaglio da misurar fori di piò 60 in Somalbosco ed piò n. 40 nella contrata di Arsea. Item che dechiariamo che quelli delle terre di sopra possino di compagnia di quelli di sotto pascolar con le vache per il tenuto de sudetti piò n. 40 nelle contrata di Arsea, quali s'intendino cominciare alla casa de Toloni e dal Corno delle Relle in dentro concedendo alla casa di Gio q. Bart. Toloni qual si ritrova ivi appresso il transito per andar a pascolar in detti piò 40 con le vache, però solamente e non altrimente. Ego Petrus Antonius Balardini q. Bartholomei, notarij Themù." (tratto da Temù un paese, una storia di Bontempi)

Le famiglie antiche

La Vicinia di Ponte si riunisce per importanti decisioni e nella seduta del 3 maggio 1627 vengono nominati i capifamiglia presenti tra i quali è possibile ritrovare molti dei cognomi che hanno ancora oggi sono comuni nei nostri paesi e tra questi spiccano diverse persone di Zoanno. La riunione si teneva nella località chiamata *pracarvài o in altre occasioni *pracabàs e dovrebbe trovarsi al termine di *sancampél salendo verso *suàn come si legge anche in un altro ordine di convocazione

.. DIE 10 MENSIS MAIJ 1646

Convocata e congregata la publica e general vicinia del Comune et homini di Ponte di Legno nel luogo solito del Pracabasso, nel tebiato de Brichetti di ordine di Bonhomo Favalino Console di esso Comune
" DIE 3 MAIJ 1627 - CAP. 185
In Christi Nomine Amen.
In Publica et Generali Vicinia Comunis Pontis Ligni Congregata et Convocata more et modo solitis et consuetis in loco Pracarvai per Dominicum Cavigellum Camparium Iuratum Ordine e Impositione Consulis ipsius Comunis Infrascriptis ac aliis agendis in qua quidem vicinia aderunt Infrascripti homines ex decem Regentibus e Caput Familiae et caetera:


Baldasarius Breda
Bartolomeus q.m Ant. Signorinis
Bendictus Cerulus
Bartolomeus q.m Petri Veclani Cominus Batricis*
Bartolomeus q.m Joannis de Betiis
Bartolomeus Sozius
Jacobinus de Filippi Poiae
Lanfrancus Crapellus
Joann. Picelli q.m Ant.ni
Petrus Spagnolus
.......meus eius frater Tholomeus Spagnolus
........ Galdus Bonifatius Favalinus
Philipus Jacones
Joannes de Rossis
Bartolomeus Sandrinus
Bartolomeus Jacomellus
Jo.es Maria de Massis
Albertus de Rizzis
Baptista Sembinellus
Joannes Mota
Ognibenus Gnarellus
Joannes de Ficis
Petrus q.m Mart. Picellus
Joannes Lesidus
Bap.ta q.m Scirader Maffuari
Cominus de Pattis
Bartolomeus Mam
Burnus de Bormettis
Joaninus de Maigis
Federicus de Scarsis
Marcus de Castelli
Antonius de Toccagnis
Martinus Jacomelli
Paolus de Rossis
Bertramus Bedola
Franciscus Crapellus
Cominus Mateheanes
Jacobus Faiferrus
Cominus Zuelus
Ognibenus Rossinus
Theodorus Mam
Altomineus Mondinus
Martinus Longhinus
Martinus Crapellus
Jacobus Brichettus
Jacobinus Toccagnus
Rocus Faiferrus
Joannes de Rossis
Petrus Maza
Joannes Cerutus
Antonius Rassica
Jacobus Sandrinus
Bartolomeus Faiferrus
Andreus Sandrinus
Dominicus Col
Bartolomeus Cechus
Ognibenus Plona
Ognibenus Maculattus

Omnes homines dicti Comunis vocem in eo habentes ac soliti in Publicis Viciniis congregari et in qua per Dominum Consulum praepositum fuit ad claram intelligentiam omnium."
(tratto da Statuti di Ponte di Legno a cura di G.Maculotti)

Nel 1658 Ponte di Legno con Poia e Zoanno aveva circa 800 abitanti mentre Pezzo e Precasaglio insieme ne contavano circa 600.

La Chiesa

Verso la fine del 1600 sembra che una valanga, staccatasi dalla sommità della *val de rónch, abbia travolto la chiesetta che doveva risalire alla metà del 1400, lasciando però illeso il campanile che rimane ad attestare l'antichità dell'antica chiesuola. E' agli inizi del 1700 che un certo Faiferri Francesco va peregrinando per i paesi della Lombardia e del Veneto per raccogliere i soldi per ricostruire la chiesa. Sebbene a fatica e dopo due decenni la chiesa comincia a prendere forma grazie anche al disegno di un ingegnere milanese e verrà ufficialmente consacrata nel 1772 come è inciso nel portale della facciata di ingresso che guarda verso il paese. Nel suo piccolo rappresenta un modello di architettura che sta di mezzo tra il 'settecento e il NeoClassico. Si ammira in fondo quale pala dell'altare un trittico opera dello scultore Fantoni; esso fa bella cornice a tre diverse sculture: La Madonna col bambino, in mezzo; S. Giovanni Battista (titolare della chiesa) a destra; S. Giovanni Evangelista, a sinistra. Numerose sono le reliquie dei Santi, portatevi al tempo della soppressione napoleonica dei conventi, dal francescano P.Rossi Pietro Alberto, al secolo Carlo, di Zoanno, il quale vi rimase come cappellano fino alla riapertura del convento dell'Annunciata di Borno. Detto Padre Rossi, oltre alle reliquie, portò pure salvandole da mano sacrileghe, un parametro bianco. Affinchè il suo non fosse un latrocinio alconvento, ritornando all'ordine obbligò i suoi due fratelli Domenica e Bortolo a rimborsare al convento la legittima che gli sarebbe spettata. Partito P. Rossi per il convento, la cappellania di Zoanno rimase per un vent'anni circa senza pastore. Venne poi per una ventina d'anni un certo Don Gerolamo di Canè di cui non si ha memoria che abbia lasciato ricorso nei lavori di miglioramento della chiesa. Alla sua morte vi fu ancora un lungo periodo senza cappellano finchè verso il 1868 assunse la cappellania Don Battista Balardini di Temù. Prese immediatamente l'Amministrazione della fabbriceria che era molto in dissesto e ne risanò le finanze. Raccolse elemosine e per esse e per l'aiuto della fabbriceria fece fondere le due piccole campane e aggiungendovi altro metallo ne ottenne tre discretamente grosse. Don Balardini pensò pure all'attuale cappella mortuaria da lui fatta costruire in sostituzione del piccolo ossario sormontato da un quadrorappresentante il Crocifisso attorniato da anime purganti. A questa opera fu spinto dalla tradizionale devozione ai poveri morti tanto radicata nel popolo di Zoanno. A fomentare questa devozione concorse in fatto che ha del miracoloso ma che pure è affermato come indiscusso dalla tradizione. L'inizio di questa devozione risale alla peste di S. Carlo. E' voce comune che alcune pie persone di Zoanno, religiose e secolari, che erano morte a Milano in seguito al contagio, dopo alcuni anni ebbero trasportate le loro ossa al proprio paese. Al loro arrivo, giunte in via Adriana (detta volgarmente *intremür) le due piccole summenzionate campane si misero a suonare da sole. Un tale fatto, unito a delle grazie speciali ottenute per loro intercessione, spinsero le popolazioni limitrofe a pellegrinare continuamente al piccolo ossario. Di qui si spiega la premura di questo pio sacerdote don Balardini di erigere una cappella degna di tanta devozione e si ebbe l'attuale spaziosa cappella mortuaria ove il sacerdote può comodamente celebrare la Santa Messa e i fedeli assisterla. Essa è frutto della fede, dell'entusiasmo, della devozione ai loro morti della gente di Zoanno, la quale non badò a sacrifici; infatti scendeva al sottostante fiume portando le pietre per il viottolo delle Palù, saliva il monte, tagliava legname, faceva offerte.. In seguito, per cause ignote, si ruppero nel giro di un anno tutte e tre le campane, vennero rifuse nella fonderia di Grosio (Valtellina) e aumen.tate di peso nel 1898; fu pure sostituito il castello in legno, sostegno delle campane, con uno di ferro, della ditta Corti di Monza. zoanno nel 1900Nel 1906 la casa della cappellania situata tra due fienili della famiglia Tomasi, fu distrutta assieme a metà Zoanno da un furioso incendio. Don Signorini, coadiuvato da la tre persone, prese la decisione di costruire una nuova cappellania, ma altrove, non più sui ruderi della vecchia, data la infelice posizione. Alla morte di Don Signorini, successe come amministratore il Signor Favallini Domenico il quale fece costruire la cattedra, la nicchia della Madonna e delle Reliquie, la bussola della porta maggiore, ( eseguita nell'istituto professionale di Ponte di Legno). Personalmente donò la statua della Madonna del S. Rosario che doveva essere pagata da tutti coloro che unitamente a lui, quali profughi per bando militare, avevano fatto voto di regalarla alla chiesa qualora Maria SS. facesse togliere il bando; questi difatti venne tolto e tutti gli abitanti di Zoanno tornarono al loro paese e vi rimasero indisturbati per tutta la guerra; la statua fu comperata a lire 1.500 in Val Gardena, ma data l'inerzia con cui gli altri volevano concorrere al pagamento il Signor Favallini preferì pagare tutto lui solo. In seguito a questa donazione divenne tradizionale in Zoanno la devozione alla festa della Madonna del S. Rosario (7 ottobre). A spese di Faiferri Faustina venne eretto l'altare del S. Cuore con la relativa statua.

L'Istituto

L'iniziativa partì dal Sacerdote Don Giovanni Signorini di Zoanna che si avvalse di appassionati e disinteressati collaboratori, tra i quali spiccava il Signor Faiferri Bortolo, che contribuì anche con elargizioni e con molto lavoro alla realizzazione dell'opera. L'Istituto Professionale di Ponte di Legno con grande entusiasmo del paese e della popolazione dell'alta valle ebbe vita nel 1908 per merito del già ricordato sacerdote Don Giovanni Signorini di Zoanno su un aperto e ridente spiazzo. Principale collaboratore nella realizzazione del primo fabbricato fu Faiferri Bortolo di Zoanno e altri numerosi finanziatori. La prima pietra fu posta nella prima domenica del maggio 1908. Tenne l'orazione Francesco Baudassi parroco di Temù. Fin dall'autunno di quell'anno vennero iniziate le classi di quarta e di quinta elementare e la scuola di disegno. Primo insegnante Orazio Sarale e Luigi Fabis della Regia Accademia delle Belle Arti per il disegno. zoanno nel 1915
- 1910, raccolti nuovi fondi, si costruì il piano superiore e alle scuole si unì il laboratorio di falegnameria e durante la guerra venne semidistrutto e invaso dalle truppe.
- 1919 ritorna da Firenze il fondatore e alla fine dell'anno si aprì la scuola e la falegnameria.
- 1923 si iniziò la costruzione dell'ala verso Nord con la chiesetta. Ma la morte del fondatore causò la stasi dei lavori. La Nuova commissione con a capo Don Brusaferri parroco di Ponte decise di riprendere i lavori. La gestione venne affidata alla Congregazione dei figli di Maria Immacolata di Brescia che tra le altre migliorie aggiunsero la scuola di scultura e sartoria.
- 1932 i figli di Maria si ritirarono e per mancanza di fondi dopo molte peripezie venne regalato a S. Ecc. Mons. vescovo di Brescia che con piacere lo destinò a casa di esercizi e ritiri spirituali e a soggiorno estivo per i sacerdoti stessi e lo dedicò alla Memoria del venerabile Patrizio Nob. A. Luzzago splendida gloria di Brescia, direttore Don Adolfo Buratti della federazione Giovanile Leone XIII. La chiesetta è dedicata all'Assunta e viene festeggiata annualmente. Da allora venne ampliata alcune volte e a seguito di incendio, ristrutturata come casa per ferie e accoglie con alcune modalità moltissimi clienti.
- 3 agosto 1943: undici ragazzi della Villa Luzzago e il loro direttore tentarono la salita del canalino del Passo del Dito e improvvisamente una scarica di neve e di sassi li investirono. Intervennero le guide Faustinelli e Favallini e riuscirono a salvare i ragazzi feriti leggermente. Purtroppo ci furono tre morti subito e sei feriti gravi. (Da: Don Pietro Faita - edito nel 1947) zoanno nel 1940

Nel secondo dopoguerra, sospesi tutti i corsi scolastici, l'edificio venne trasformato in casa per ferie per preti o seminaristi. Nell'inverno 1950/51, a causa di una forte nevicata, crollò il tetto con una parte dell'edificio, nel rifacimento si aggiunse un'ala elevando l'edificio di un piano. Pian piano venne trasformato in casa per ferie aperta a tutti e in seguito anche a clienti femminili. Per alcuni anni fu adibito a sede della Scuola Alberghiera.

La luce

Il Consiglio Comunale in data 3.11.1899 dopo avere a lungo esaminato il problema, nominò una Commissione Comunale con l'incarico di raccogliere dati, adesioni, proposte ecc., onde favorire e concretare la possibilità di dotare il paese della "nuova" luce elettrica. Il 9.2.1900 il consiglio sollecitava la Commissione a formare una cooperativa per l'impianto della centrale e la gestione del servizio. Finalmente il 7.4.1900 il Consiglio prese atto della fondazione della Cooperativa per l!impianto della luce elettrica. La centrale ad acqua funzionerà nella località detta Molin Rovescio e precisamente nella zona dove ora vi è l'Hotel Mirella. Il Comune acquistò azioni per £. 5.000. Il 17.4.1902 i consiglieri delle frazioni con un esposto chiesero che il servizio venisse prolungato e che anche le frazioni fossero datate della corrente elettrica. Il 5.7.1915 la Cooperativa si sciolse e subentrò la Società elettrica di Vallecamonica. Il 4.6.1920 si rispolvera il problema di dotare le frazioni della corrente elettrica e si riconfermava la fornitura gratuita dei pali. Finalmente in data 16.2.1922 il sospirato collegamento fu fatto, ma la Società non ritenne di dover fornire il materiale, nè le lampade necessarie, per cui il Comune acquistò da altre ditte e fece porre in opera n° 10 lampade a Pezzo, 8 a Precasaglio, e 5 a Zoanno. Questa è una delle tante iniziative che a cavallo del secolo vennero realizzate a Pontedilegno.

L'acqua

Dopo molte delibere tutte dilatorie, e regolarmente bocciate dalla Prefettura, si giunse ad un ultimatum della Autorità Tutoria che impose la redazione di un progetto esecutivo. Finalmente il 30.01.1913 si approvava un progetto dell'ing. Pedercini che prevedeva una spesa di £. 19.696 per Ponte, £. 13.373 per Pezzo, £.4481 per 20anno e £.3.164 per Precasaglio, suddivisi in un decennio. Il sopraggiungere della guerra bloccò tutti i progetti. Nel primo dopoguerra si mantennero in funzione le numerose tubature messe dai militari e, nel 1936, si inaugurò l'acquedotto di Vescasa che approvvigionava tutto il paese, mentre venivano mantenuti in funzione anche i numerosi acquedotti semi-privati. Nel secondo dopoguerra verrà realizzato l'acquedotto di Viso che serve tutte le frazioni e parte di Pontedilegno e nel 1975 è stato inaugurato il grosso acquedotto di Plaz dell'orto. Attorno agli anni sessanta venne realizzato anche il primo acquedotto al Tonale e in seguito un secondo, che permette un regolare approvvigionamento di tutta la zona. Siamo in attesa del nuovo acquedotto che da *vis distribuisca l'acqua nelle frazioni, perché l'acquedotto attuale ha 50 anni e le tubazioni sono sature di ruggine, ma soprattutto era stato concepito per servire tre frazioni ed ora si trova a far fronte a tre frazioni più centinaia di appartamenti che negli anni recenti sono stati costruiti e tutti prendono acqua dal vecchio tubo e nei periodi di massima affluenza di residenti nelle seconde case, gli abitanti dei piani alti rimangono a secco nella valle nota per l'abbondanza di acqua.